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Dialogo tra un soffio di vita e il suo alter-ego.

Aggiornamento: 19 ago 2021

Se questi fossero gli ultimi giorni della tua vita, come li trascorreresti?


- Clarice Lispector: Un soffio di vita edito da Adelphi


Clarice Lispector è una autrice, saggista e giornalista ucraina, naturalizzata poi brasiliana.

Forse la più importante scrittrice ebrea del ‘900.

Nacque in Ucraina nel 1920 ma in seguito alla rivoluzione d’ottobre in Russia, fu costretta insieme alla sua famiglia a trasferirsi in Brasile in tenerissima età.

Muore a Rio De Janeiro il 9 dicembre 1977 a soli 57 anni, dopo 10 anni di totale chiusura in casa a causa di un incidente che le modificò l’esistenza. Questa solitudine forzata, le permise di scrivere ininterrottamente e di lasciarci un patrimonio di letture dal valore incommensurabile.


I suoi romanzi sono per la maggiore di natura psicologica, e trattano temi che accarezzano sempre la quotidianità attraverso l’introspezione dei personaggi. E’ una autrice che sicuramente meriterebbe molta più voce in questo mare di libri da leggere.


“Scrivere è agire senza preavviso”. Ci avverte. Come il palcoscenico dove improvvisiamo la vita.


Così, la Lispector improvvisa il suo scrivere inventando Angela, la sua voce immortale e personaggio chiave del libro, che si alterna all’autore in pensieri trascendenti.

Angela è l’anima interiore che materializza il suo intento, l’ingegnoso proposito di:


“Voglio scrivere movimento puro!”


Un soffio di vita, incarna i suoi pensieri più profondi, scremati fra migliaia. Quelli che ha desiderio restino dopo la sua morte. Pensieri che scrive accantonando la paura di cadere nell’incoerenza o di imprigionarsi in frasi che non siano semplicemente “versi sparsi”, pensieri anonimi, vittime inchiodate nell’intervallo del decorso lento che la sta conducendo alla morte.


Angela è ciò che l’autrice crea per restare immortale. Colei che continuerà a vibrare quando la Lispector non sarà più in grado di farlo.


Un angelo scolpito di spirito e radici contorte, che oggi ha creato ed esiste in lei. Una sua creazione riprodotta in parole e delirio, ma che al suo contrario però resisterà nel tempo, anche in quello di coloro che verranno.

I prossimi condannati a morte da questa illusione di tempo, che ci fa credere di essere vivi e non ci fa realizzare che siamo degli essere insignificanti con una data di scadenza.

Noi tutti qui, intrappolati in un destino inoppugnabile, chiusi dentro un intervallo di tempo composto di dolore, solitudine, ambizione, desiderio, delusione.


Tutti nascono condannati a questo epilogo. Allo stesso finale.

Ogni vita è uno spoiler delle prossime.

Eppure, sebbene sia chiarissima la nostra inconsistenza, continuiamo a commettere sempre gli stessi errori di cupidigia e vanità.

Perché l’essere umano è così complicato e poco attento?

Insomma, se oggi avevate bisogna di farvi tirar su il morale, non avete beccato la recensione giusta!


Ma torniamo ad Angela, questo io creato, come all’autrice piace pensarsi se non fosse lei, in questo frangente di tempo.


Angela è quella persona sconosciuta che incontriamo per strada e che guardandola negli occhi riconosciamo come “già vista da qualche parte”. E’ quel personaggio che nel momento in cui ci si imbatte, ci fa illuminare qualcosa dentro di noi. Sappiamo che quella persona l’abbiamo già vista, è l’ombra di un nostro deja-vù da rifocalizzare.


Immaginiamo la sua voce o un suo movimento che ce ne ricordi la familiarità, che ci racconti tempi di cui non sappiamo niente, che ignoriamo ma che sono dentro di noi, da qualche parte. Ci innesca memorie antichissime, nascoste nei cassetti più reconditi della nostra mente, avviando impulsi sopiti nel nostro io più profondo.


Angela è la strada percorsa e i volti che conosciamo, seppur sfocati dentro le strade del nostro passato. Lei è la storia di ognuno di loro ma anche la storia che verrà dopo. La storia delle strada che percorreranno quei volti, quando non avranno più familiarità alcuna.

Quando, sempre più sfocati, cammineranno in strade sconosciute e nessuno più li noterà. Volti dei quali la società si disfa così facilmente, sostituendoli con altri.


E allora se ne potranno avvertire le voci, insisteranno l’esistenza così, con il soffio di vita che resta sulla bocca di qualcuno che ne ricorderà la memoria, fino a quando anch’egli non verrà sostituito a sua volta.



Quel meraviglioso soffio di vita che inizia con un grido di un neonato, che non ha né colpa né merito di esser qui, che è stato solo catapultato in questo fascio di tempo a intermittenza, senza chiedere il permesso di entrare in questa illusione.


Quel bambino ignora che il suo pianto un giorno, si spegnerà dietro un angolo di strada per un motivo qualsiasi, lasciando indietro solo il rumore dei passi andati. Lascerà il suono di un passato che forse non interesserà più a nessuno.

Lascerà l’orma e il rintocco dei tacchi delle sue scarpe sulle pietre, e forse altri lo avvertiranno, tra le pieghe dei vicoli bui e delle città illuminate di notte. Ma ora è solo un neonato, e la sopravvivenza ancora è una medaglia vincente, prima dell’abbandono.


Questo è il libro dell’introspezione assoluta nell’oggi, ma anche della visione di ciò che sarà, quando non sarà più.


Clarice scrive:


“Parlo come se qualcun’altro parlasse in vece mia. È il lettore a parlare in vece mia?

Non mi ricordo della mia vita precedente poiché possiedo il risultato, che è l’oggi. Ma mi ricordo del domani”.


La leggo e ascolto la voce di tutti noi quando non saremo, ma anche di questo ora, questo pacchetto di tempo che ci sta appartenendo.

Se non fosse così reale e così dannatamente pragmatico, quanto sarebbe triste l’autore! Si aggrappa alla vita moltiplicandosi in Angela, e anche io che scrivo, mi aggrappo a loro due, perché neppure io vorrei morire, e vorrei aggrapparmi alla vita e conservare il mio involucro vuoto non permettendo che un giorno si deteriori.

Parlare della morte è sempre un argomento che non tutti sanno affrontare. Meglio disquisire su come si dovrebbe vivere il presente.

Guardatevi attorno, guardate ovunque: tutti noi, passiamo la vita a indottrinarci di regole, di frammenti di logica, di nozioni, di know-how, per poi in un attimo salutare tutto e far svanire ogni cosa. ( E pensare che stamattina mi ero alzata positiva...!).

La morte non è fra gli argomenti sopportabili. Ma nel momento in cui ti sfiora, ti avvicina, passata la paura, nasce una amicizia e la accetti.

L’idea che il tuo tempo sia segnato amplifica il presente. Guardi intorno a te, e vedi la gente frignare per i motivi più stupidi, tutti così tremendamente attaccati alle cose, alla vanità, al benessere! Ai sogni, alla carriera, al non avere il focus su ciò che desidererebbero veramente.

Pensare di avere molto tempo, mistifica la realtà, e forse anche ora che scrivo con consapevolezza, sto perdendo il mio. Voi, non fatelo.

Se avete un bisogno, una necessità che è dentro di voi e che sentite di dover compiere ma che rimandate perché pensate di avere tempo, fatelo ora, di doman non v’è certezza!



Avete fatto caso che la maggior parte delle persone, davanti ad una scadenza accertata, una malattia ad esempio, vorrebbe iniziare a vivere, a far ciò che gli sarebbe piaciuto fare e a maturare il rimorso di non avere più tempo per farlo?

Ed ora l’invito formale, i compiti a casa.

Prendete appunti e scrivete: “se dovessi morire fra un mese farei le stesse cose che sto facendo ora, ogni giorno?”.

Giù con le annotazioni ragazzi, non dovete dirlo a me, è con voi stessi che dovete interagire. Create la vostra Angela e poi mi raccomando, vivete almeno altri 100 anni in modo decente!


Angela recita così a Clarice: “Ti amo così tanto, come se ti stessi dicendo addio”


Nell’autore il tempo scorreva lento come una pioggerella che anticipa un temporale. Lo gustava, perché volgeva al termine. I suoi atomi iniziavano a slegarsi e non c’era niente che poteva fare per far durare di più l’incanto precedente.


Io provavo la stessa sensazione quando andavo in moto sotto la pioggia. Non portavo mai i guanti di protezione, amavo sentire i dolci pizzichi della pioggia sulla pelle, degli atomi di idrogeno e ossigeno sul palmo della mano (non mi prendete per pazza più del dovuto), il vento mi velocizzava le gocce addosso, e l’impatto era più deciso.

Sentivo la “spremuta di nuvole” cadermi sull’epidermide come un massaggio infuocato.

La natura mi punzecchiava e io mi amalgamavo ad essa.

Come potete appurare sono sempre stata un disastro con i sentimenti, mi hanno sempre fuorviato, li ho vissuti sempre troppo intensamente.

Ma ritengo ancora che queste sensazioni siano la vera vita, l’immortalità dell’essere.

Avete presente gli odori dei fiori di camomilla o del timo fiorito nei campi? Lo senti da bambino e non lo dimentichi più per tutta l’esistenza!


Mi sono ricordata però, che non sono qui per annoiarvi con il mio legame verso la campagna, ma solo per recensire un grande libro di una autrice che andrebbe letta in ogni fase della nostra vita.

Più volte, fino a non dimenticare mai neppure un rigo dei suoi pensieri trascendenti.


Angela è un riflesso, è un movimento come le onde del mare.

Clarice la sostanza, un bosco di fitte ombre.

Angela è spaventata dalla vita.

Clarice, dalla morte.


Che siate Angela o Clarice in questo momento, cavalcate questo flash di tempo con un sorriso, perché un giorno, sarà l’unico ricordo che avranno di voi! Il resto è solo materiale deteriorabile.

Ah già non dovevo annoiarvi, ma vabbè, ormai era già troppo tardi…

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