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Effetto Dunning-Kruger: tra verità e manipolazione

Meno sanno più sono convinti di sapere. Quindi, per quanto ne so, voi ne sapete di più!


Una possibilità che vi è concessa dal silenzio del sapiente che spende il suo tempo nel dubbio e non ne sperpera raccontando false verità.

Questo ammutolimento, è opportuno?

Possibilmente conviene agli ignoranti che ottengono più spazio per le rispettive ragioni spesso frutto del bisogno di colmare un’incertezza di fondo in cui, la maggior parte delle volte, è difficile stare.

Le persone maggiormente erudite, invece, sanno aspettare una verità che già contemplano come inesistente, la ascoltano, l’analizzano, la mettono in discussione e, se proprio necessario, ti rispondono attraverso domande perché già sanno che una risposta giusta, non c’è e che, possibilmente, ti conviene continuare a cercare.

Non esiste sapere che non prescinda dalla lettura.

Essa ampia certe prospettive di osservazione della realtà che per alcuni sono gabbie d’oro in cui nutrirsi mediante la generalizzazione di talune esperienze.

Ed anche in questo caso, non basta affidarsi ad un libro, se il contenuto è poi sempre lo stesso.

Tocca concedersi la possibilità di sfogliare argomenti diversi, che appartengono a generi diversi, che mettono in discussione il gusto personale anche mediante la sorpresa o il disgusto.

Formarsi solo in una data "categoria di interesse" magnificando l'ego poiché ci fornisce le competenze in quello specifico campo, che spesso coincide con l'ambito lavorativo (eh beh troppo facile ragazzi!), può metterti in una posizione subordinata rispetto ad altri argomenti.

Eppure, l’ego, ormai satollo di tanta conoscenza prende a fagocitare ragioni diverse solo perché non le riesce a digerire.

Dì la verità, quella vera, direbbe padre Pizarro, alias Guzzanti: quante volte ti sei imbattuto sui social o magari al bar sotto casa, in quel laureato cum laude all’Università della Vita capace di disquisire su un qualsiasi argomento perché gliel’ha spiegato il vicino di casa che ha la cognata che ha un’amica che lo sa perché suo marito l’ha letto su un periodico?

Senza nulla togliere al periodico, ma fare una figura decente, è una scelta. Che magari ti dice pure bene e becchi qualcuno che ne sa meno di te perché di articoli di quel genere non ne ha mai sentito parlare, ma se ti dice male, trovi l’esperto sul campo che ti fa pelo e contropelo rischiando di mandarti a casa rasato di ogni piccolo rimasuglio di dignità.

C’è sempre una scelta. Il silenzio è una scelta.


E’ la scelta di chi studia per pubblicare un articolo serio che illustri la realtà senza la pretesa di una certezza; di chi si trova sul campo e non ha tempo da spendere in ospitate televisive, in interviste acchiappa-click, in discutibili post sui social.

I professionisti, quelli di cui fidarti, li puoi riconoscere dal fatto che, spesso, hanno poco seguito che quello che scrivono piace davvero a pochi perché non punta a sollecitare una risposta emotiva in chi lo legge, ma ad informare.

Sovrastimarsi non è mai sincero: indica l’incapacità di riconoscersi dei limiti e nega una possibilità alla crescita personale. Ed è frustrante perché amplifica il giudizio, ti costringe alla difesa o alla resa, ti rende rabbioso e ti toglie energie che potresti spendere altrove e, invece, destini all’apparenza.

Si mina così la possibilità di ampliare il sapere e si alimenta, nei confronti delle persone più informate, fastidio, distacco e intolleranza perché il confronto può attivare la percezione di una minaccia alla propria autostima.

Non appena sentiamo che qualcosa o qualcuno sta per mettere o mettendo in discussione la nostra integrità, il cervello pare azionarsi per difesa agendo contro quanti contrastano quelle idee, valori, credenze.

Qualcuno, molto intelligentemente racchiuse questo processo con questa massima: "Quando non si può attaccare il ragionamento, si attacca il ragionatore".




Possiamo scomodare a riguardo del tema, anche il sommo Charles Darwin

L’ignoranza genera fiducia più spesso della conoscenza“.


L'illusione della conoscenza, allontana dalla conoscenza.

Possiamo appurare come oggi sui social-media le voci di persone che non aprono un libro da decenni o hanno una informazione arcaica si arrogano il diritto di dispensare consigli su territori di non loro competenza e fanno gruppo con altre persone di pari livello, magari avvalendosi dell'autorità della bufala del giorno scovata nei siti più degradanti. L'ignoranza e l'arroganza non hanno fede politica o appartenenza, in comune troviamo solo la boria di non concederci la possibilità di valere più di ciò che realmente noi ci valutiamo di essere, e che ci fa sproloquiare più del dovuto.


Qui entra in gioco la lettura, la passione per il sapere, e l'interpretazione obiettiva, il più possibile non inflazionata dalla paura di ciò che abbiamo letto. Ma a prescindere dall'argomento bisogna anche saper riconoscere cosa leggere e cosa no.

Le diatribe su quest'ultima considerazioni sono tante, ma il blog è mio e io dico la mia, abbiate pazienza!

Leggere un libro è sempre piacevole e può portarci a riflessioni interessanti. Ad esempio io aver letto Russell ma soprattutto dopo averlo riletto e compreso, ho potuto cambiare molti processi esistenziali. Non si può restare indifferenti dopo determinate letture, tornando a vivere allo stesso modo abitudinario come avevamo strutturato la quotidianità o peggio ancora vivere solo come ci hanno insegnato senza meditare alcun processo evolutivo.

Il cambiamento del nostro pensiero è radicale dopo ogni lettura valida.


Un altro esempio di libri indispensabili è 1984 di Orwell, anche se la lista sarebbe davvero molto lunga. 1984 è un'Opera immortale distopica, da mettere sul podio dei testi da leggere assolutamente prima di morire, poiché genera inizialmente pensieri incontrollati che poi convogliano in qualcosa di soggettivo ma che va assolutamente nella direzione di crescita.

La lettura aiuta a stimolare le domande, ed è questa la vera cultura: l'interrogarsi all'infinito, al contrario di chi è capace solo di dare risposte scaturite dal non ragionamento della sua esigua conoscenza. Mi riferisco a domande sensate, non all'interrogatorio che ci può propinare la suocera o il vicino di casa intrigante, o peggio vostra moglie quando rientrate tardi. Per quello non vi può aiutare nessuno, fingetevi morti o scappate su un'isola deserta!




Tornando a noi, se siete ancora qui e non ve la siete già data a gambe, c'è anche il rovescio della medaglia che si genera spesso soprattutto sui social quando ci si abbatte in qualcuno di questi "sbruffoni" che sanno tutto loro ma che ad ogni modo cercano di far comprendere ad altri sbruffoni meno competenti alcuni concetti basilari.


Pensate agli ultrà fascisti o agli ultrà religiosi, ai complottisti, ai terrapiattisti... e mettiamo nel calderone anche i no-vax, no-mask, i no-tutto a prescindere, perché tutto deve restare com'è. Perché ai miei tempi, ai tempi di mio nonno…funzionava diversamente.

Talmente convinti delle bufale o degli articoli che hanno letto, del consiglio del medico di quartiere o dell'amico, per non parlare del famoso cugino onnisciente.

Come riuscire ad argomentare con queste persone? Come parlare con chi è convinto che non siamo andati sulla Luna e che sia solo un complotto americano, russo, cinese?

La ragione spinge, dunque, a crearsi il suo spazio, e si fa principio di inutili e infruttuose diatribe.

Quindi, per rispondere al quesito iniziale, no, non è mai una scelta adeguata instaurare un atteggiamento da sapienti o insistere per tentare di far capire a qualcuno che nemmeno conosciamo, che sta sbagliando. Possiamo però, se abbiamo voglia e tempo, consigliare loro testi o fonti differenti da quelle già consultate per poter ampliare l’idea iniziale e trarre nuove deduzioni.

Anche se significasse ripartire dall'abbecedario!

Tanto per non cadere nella trappola della supponenza che spesso si traduce con l’esporsi a delle emerite pessime figure. Leggete! Ma non la parabola del cugino erudito!



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