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Cosa siete disposti a fare per sfuggire a un matrimonio?

Aristotele e la giustizia poetica: il lungo cammino per scoprirlo!


Margaret Doody è una scrittrice canadese che ha ricevuto molto successo negli ultimi anni con i suoi libri che narrano le vicende di Aristotele nell’antica Grecia nelle vesti di un detective.

È una insegnante di letteratura alla Notre Dame University molto amata, che avuto la brillante idea di calarsi nei panni del filosofo più amato al mondo e di vestirsi da Sherlock Holmes utilizzando la mente dell'immenso pensatore.


Editi da Sellerio i suoi libri sono in vendita in tutto il mondo e ha ricevuto un successo tutto meritato che le ha aperto le porte per risiedere in quella elite di scrittori riservata solo a pochi sapienti.


Voglio passare subito a raccontarvi le vicende di una ricca ereditiera che ad Atene scompare nel nulla ad un passo da un matrimonio molto discusso.


Chiudete gli occhi e catapultatevi indietro nel tempo.


Ancora più indietro, ai tempi di Alessandro il Grande che aveva appena conquistato la Persia, nel 332 a.C.

Tutti sono alla fame, in attesa dei tesori da dividersi, in profonda crisi post guerra, ma anche in un trapasso di cambiamenti epocali. Nel frattempo la vita si trascina lenta e si va avanti con le abitudini che a quei tempi (non che per me che vivo in campagna sia molto cambiata) erano costituite oltre al lavoro dei campi e degli artigiani, di festività in onore degli Dei e del vino.

E qui casca Bacco!

Nella notte dei fantasmi si celebrerà la Festa dei Fiori che sarà galeotta (vedrete) oltre ogni fiasco!




Ma andiamo per gradi non vorrei sembrarvi già ubriaca.


Atene e la Grecia tutta sono la base terrestre dei miti e delle mitologie più terrificanti ma anche affascinanti che mai abbiamo sentito raccontare nemmeno da coloro che hanno visto Squid Game.

A febbraio Atene si prepara a celebrare l’Antesteria, la Festa dei Fiori, che culmina nella Notte dei Fantasmi, quando, secondo alcuni, le anime dei morti tornano dall’Ade per mettere a segno vendette e terrorizzare chi non si è comportato come si deve).

Nel cuore della notte e durante la festa che si svolge senza poter proferire parola, una ricca ereditiera scompare, e allertati tutti, Aristotele e Stefanos suo discepolo si mettono in cammino verso Delfi dove suppongono di trovarla, beh diciamolo: sicuramente non sola!


Infatti gli indizi lasciano supporre la ragazza sia con un qualcun altro.

Chi sará?

Un possibile pretendente? Uno sconosciuto?

Ma la sua verginità risulta essere così in pericolo! Sacrilegio, non la sposerà più nessuno.

Come riuscirà la ragazza in fuga a districare questa matassa? Mettiamoci anche noi ad inseguirla dietro ad Aristotele per scoprirlo!


L’autrice utilizza un binomio investigativo Aristotele/Stefanos per dipanare gradualmente l’intricato mistero che avvolge le sorti della giovane Antia, schema collaudato e vincente che ricorda molto le fortune di celeberrimi binomi letterari.


Impossibile infatti non trovare analogie con la coppia Holmes/Watson di Conan Doyle, e al connubio tra Guglielmo da Baskerville ed Adso da Melk, partoriti dalla geniale intuizione di Umberto Eco.

L’apparente contraddizione tra la saggezza esperta dell’anziano retore, e l’impulsiva intuizione del giovane rampante ateniese, vengono però smussate dalla Doody, come le due facce della stessa moneta (d’argento, come il metallo che fa da filo conduttore all’intera storia).


Chi si avvicina a questo libro, per la curiosità di scoprire un giallo poliziesco, dall’originale ambientazione in una Grecia di oltre duemila anni fa, rimarrà affascinato nel rivivere i costumi e le tradizioni di quel tempo, magistralmente dipinti dall’autrice. I vari Do ut Des che si susseguono imperterriti.


Per poi scoprire che, tutto sommato, il mondo non è molto cambiato nei secoli se facciamo analogie con le attuali gare d’appalto pilotate e i pregiudizi sulle fanciulle illibate di "buona famiglia".


La Doody si fa anche apprezzare per l’ironico tratteggio dell’intervento divino nel quotidiano, vero artificio letterario che distingue l’epica classica. Da brava docente di letteratura comparata, non poteva non tenerne conto, nel cimentarsi in un racconto ambientato tra Atene e Delfi del 332 a.C.


Il suo rigore filologico è però sapientemente stemperato dall’ironica descrizione dei ricorrenti “fantasmi” di Oreste nella nebbia, che altro non sono che persone in carne ed ossa, che disseminano indizi, e dell’oracolo di Delfi (la mitica Pizia) che viene descritta con le sembianze di un’attempata signora, che di giorno attende alla cura della casa e dei nipoti, e talvolta di sera, nei giorni propizi, assisa su uno scranno denominato l’ombelico del mondo, presta la sua voce alla divinità e dispensa ai fedeli verità che risolveranno la loro vita.


Analogie con alcune star nostrane che affollano noti programmi televisivi? Intrighi e tiri mancini non appartengono solo al contesto greco ma ci eravamo affezionati e ce lo siamo tirati dietro fino all'era tecnologica.


Ringrazio l'Avv. Gian Pio Papa per aver collaborato con me nella stesura di questa recensione.



Margaret Doody




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